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          | "CIPRESSI 
              -TERZA   
               
                | nel corso delle due precedenti tappe del nostro Viaggio attraverso 
                  la Toscana, si è tentato di tracciare ?una linea della 
                  storia dell'arte toscana focalizzando la nostra attenzione sul 
                  ?paesaggio, e più in particolare sull'albero simbolo 
                  del paesaggio toscano, il ?cipresso. Ciò nella convinzione 
                  che quest'albero abbia sempre costituito, talvolta ?anche per 
                  la sua uscita di scena dai dipinti di un determinato periodo, 
                  un elemento ?emblematico della sensibilità artistica 
                  nella nostra regione. In conclusione ?dell'ultima Newsletter 
                  siamo arrivati al Quattrocento, epoca del grande Rinascimento 
                  ?Fiorentino. Da qui ripartiamo adesso; se qualcuno di voi non 
                  avesse le precedenti ?Newsletter e volesse riallacciare il discorso, 
                  basta che mi scriva: bramasole@libero.it. Si diceva dunque che 
                  agli inizi del Quattrocento alcuni artisti fiorentini, ispirati 
                  ?in questo dagli intellettuali cosiddetti "umanisti", 
                  ri-scoprono alcuni valori ?dell'età classica greco-romana, 
                  e decidono appunto di farla rinascere (da ciò ?il termine: 
                  Rinascimento). Per quel che ci interessa, in pittura quei valori 
                  ?significavano soprattutto una attenta definizione dell'anatomia 
                  e psicologia ?umane accompagnata da un'attenta definizione del 
                  "contesto" in cui le figure ?ritratte si trovano e 
                  agiscono. Detto grossolanamente, l'uomo del Rinascimento ?si 
                  sente al centro del mondo ma sa di esserne solo un elemento 
                  che si completa ?solo se collegato a tutto ciò che ha 
                  intorno ( HYPERLINK "http://www.kfki.hu/~arthp/art/g/gozzoli/3magi/2/20middle.jpg" 
                  http://www.kfki.hu/~arthp/art/g/gozzoli/3magi/2/20middle.jpg). 
                  ??Così, Masaccio e compagni si dedicano allo studio anatomico 
                  della figura umana ?(anche attraverso la copia delle sculture 
                  a rilievo di età romana) e aboliscono ?il fondo oro della 
                  tradizione medievale: per loro, l'Uomo deve essere rappresentato 
                  ?in un preciso rapporto di armonia con l'ambiente che lo circonda. 
                  Ma come organizzare ?di fatto quest'armonia in un dipinto? Brunelleschi 
                  medita sul fatto che una persona ?di fronte a noi appare più 
                  grande di una montagna se questa è lontana all'orizzonte. 
                  ?Inoltre il quadro, in quanto superficie piana, ha solo due 
                  dimensioni, gli manca ?la profondità. Così, per 
                  evitare che - come nelle pitture medievali - le montagne ?appaiano 
                  grossi sassi posti dietro alle figure, Brunelleschi capisce 
                  che ciò ?che in un quadro o in un affresco può 
                  suscitare l'illusione della profondità ?è il rispetto 
                  delle leggi ottiche prodotte dalla distanza: il grande architetto 
                  ?fiorentino elabora così quello schema che, basato sulla 
                  geometria, è passato ?alla storia come "prospettiva 
                  lineare centrica" ( HYPERLINK "http://cgfa.sunsite.dk/francesc/p-france10.htm" 
                  http://cgfa.sunsite.dk/francesc/p-france10.htm). ?In pratica 
                  è lo stesso tipo di prospettiva offerto da una macchina 
                  fotografica ?con un normale obiettivo.??Se ci siamo dilungati 
                  un po' nella questione della prospettiva è solo per sottolineare 
                  ?la straordinaria complessità di pensiero che il Rinascimento 
                  dedica all'arte ?figurativa e ai suoi risvolti nella rappresentazione 
                  del paesaggio. E' infatti ?nell'arte del Quattrocento italiano 
                  che il paesaggio sembra letteralmente fiorire, ?emergere in 
                  tutte le sue sfaccettature in un concerto di fiori, frutti e 
                  alberi ?delle più disparate specie, ormai sempre o quasi 
                  sempre esattamente identificabili ?( HYPERLINK "http://www.kfki.hu/~arthp/art/b/botticel/allegory/primaver.jpg" 
                  http://www.kfki.hu/~arthp/art/b/botticel/allegory/primaver.jpg). 
                  ??Prendiamo ad esempio la luminosa Pala di Santa Lucia de' Magnoli 
                  ( HYPERLINK "http://www.kfki.hu/~arthp/art/d/domenico/venezian/4magnol.jpg" 
                  http://www.kfki.hu/~arthp/art/d/domenico/venezian/4magnol.jpg): 
                  ?fu dipinta nel 1429 a Firenze da Domenico Veneziano, eccellente 
                  pittore e maestro ?di Piero della Francesca che proprio in questi 
                  anni compiva il suo apprendistato. ?Sul fondo del chiostro occupato 
                  dalle figure di santi, si stagliano nitide piante ?di aranci. 
                  Ugualmente in altre opere, come in questa Annunciazione fiorentina 
                  ?di Beato Angelico (Convento di San Marco: HYPERLINK "http://cgfa.sunsite.dk/angelico/p-angelic3.htm" 
                  http://cgfa.sunsite.dk/angelico/p-angelic3.htm), ?è del 
                  tutto considerevole lo spazio riservato al giardino, un giardino 
                  chiaramente ?primaverile con rose, margherite sul prato, di 
                  nuovo aranci e alberi di cipresso. ?In effetti, l'albero più 
                  ricorrente nelle pitture di tutto il Quattrocento non ?è 
                  l'arancio: è il cipresso. Ed è sorprendente il 
                  numero di opere in cui questa ?pianta, singola o in eleganti 
                  filari, è raffigurata rispetto ad altri periodi ?storici 
                  ( HYPERLINK "http://cgfa.sunsite.dk/angelico/p-angeli22.htm" 
                  http://cgfa.sunsite.dk/angelico/p-angeli22.htm; HYPERLINK "http://www.kfki.hu/~arthp/art/g/gozzoli/3magi/3/30old.jpg;http://cgfa.sunsite.dk/angelico/p-angeli23.htm" 
                  http://www.kfki.hu/~arthp/art/g/gozzoli/3magi/3/30old.jpg;http://cgfa.sunsite.dk/angelico/p-angeli23.htm; 
                  ? HYPERLINK "http://cgfa.sunsite.dk/francesc/p-france14.htm" 
                  http://cgfa.sunsite.dk/francesc/p-france14.htm). ??Se vogliamo 
                  dare una spiegazione alla scelta operata dagli artisti del primo 
                  ?Rinascimento, dobbiamo a mio parere considerare almeno tre 
                  motivi principali: ?accanto a uno sforzo di maggiore oggettività 
                  rappresentativa, che si riflette ?ovviamente anche sul paesaggio, 
                  il secondo va ricercato nella forma stessa del ?cipresso: una 
                  forma semplice, geometricamente riducibile a un cilindro, il 
                  cui ?slancio verticale, netto e snello, fa sì che quest'albero 
                  abbia l'eleganza di ?un fusto di colonna. Si è già 
                  detto di come gli artisti del Rinascimento avessero ?a cuore 
                  una rappresentazione impostata su criteri di sobria razionalità, 
                  perseguita ?nel rispetto delle leggi della geometria. Credo 
                  di poter dire che proprio per ?la sua forma, geometricamente 
                  così semplice e netta, il cipresso fosse perfettamente 
                  ?compatibile con le esigenze estetiche del primo Rinascimento. 
                  Un terzo motivo ?va rintracciato nell'antico significato simbolico 
                  associato al cipresso: per ?la sua chioma sempre verde, per 
                  la sua straordinaria longevità, il cipresso è 
                  ?esso stesso simbolo di eternità. Non stupisce quindi 
                  la sua presenza pressoché ?costante nelle opere d'arte 
                  sacra del periodo.??Oltretutto, concedetemi questa suggestione: 
                  abbiamo accennato di come Masaccio ?e compagni amassero studiare 
                  e recuperare i concetti di rappresentazione del ?mondo classico 
                  greco-romano: quelle immagini, osservate a rilievo sui sarcofagi 
                  ?o sui monumenti ancora visibili (e non solo a Roma), apparivano 
                  loro fortemente ?intrise di quella "nobile semplicità 
                  e quieta grandezza" che da sempre distingue ?il carattere 
                  dell'arte classica. Credo che se il Cipresso è così 
                  spesso utilizzato ?dagli artisti rinascimentali, ciò 
                  è perché niente più di "nobile semplicità 
                  e ?quieta grandezza" esprime in maniera altrettanto precisa 
                  e calzante anche il ?suo stesso "carattere".
 
 
 Cipressi 1, 2, 
                    3 e 4.
 Damiano Andreini
 
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