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... La Toscana raccontata (senza fretta) da Damiano Andreini
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L’ABBAZIA DI SANT’ANTIMO:
ANTICHE NOTE SULLA FRANCIGENA

Attraversando il paesaggio senese, tra Montalcino e il corso del fiume Orcia, l’Abbazia benedettina di Sant’Antimo si presenta come una rivelazione, immersa fra alti cipressi e olivi secolari in una campagna ancora del tutto incontaminata. Vestigia che il tempo ci ha gelosamente custodito quasi volesse serbare memoria di altre epoche e diversi ritmi di vita.

Percorrendo allora senza fretta il viale sterrato che conduce all’Abbazia, in modo che essa possa lentamente rivelarsi ai nostri occhi, tornano in mente le parole del celebre cronista medievale Rodolfo il Glabro, il quale annotò come l’Europa, alle soglie dell’anno Mille, si stesse rivestendo di un “candido manto di chiese”. Facendo tappa al complesso monastico di Sant’Antimo, il pellegrino di ieri, in viaggio lungo la Via Francigena, poteva trovare riparo e assistenza per le sue necessità, materiali e spirituali.

Prestigioso esempio di incontro fra architettura romanica francese e lombarda, l’Abbazia fu fondata all’epoca di Carlo Magno nell'VIII sec. e poi ampliata nel XII. All’interno della chiesa, un mistico silenzio permea i muri e le possenti colonne di diafano alabastro; la semioscurità vi è appena rischiarata da poche lame di luce che irrompono attraverso strette finestre "monofore"; straordinari capitelli, scolpiti a rilievo, dispiegano come su un ventaglio un mondo di simboli i cui significati sembrano ormai persi nella notte dei tempi.

Quasi al centro della chiesa si conserva una piccola cripta e, al di sopra di essa, nel presbiterio, un crocifisso ligneo rislente al 1100 e perfettamente consdervato. Sant’Antimo merita di essere visitata per un motivo ulteriore: è una delle pochissime Abbazie d’Italia (se non l’unica) dove è ancora possibile vivere dal vivo l’emozione dei Canti Gregoriani, accompagnati dalle note di un organo e intonati ogni giorno dai monaci francesi che hanno in custodia l’Abbazia.

Damiano Andreini

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